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Il terrorismo fondamentalista ha nuovamente colpito l’Europa. A distanza di dieci anni dalle bombe jihadiste fatte esplodere in quattro treni spagnoli che provocarono 191 morti e più di 2mila feriti, ad essere colpita è stata la Francia con 17 persone assassinate (ma, nelle intenzioni dei criminali, dovevano essere molte di più).
La differenza tra i due atti sanguinari non è irrilevante. In Spagna gli attentatori operarono di nascosto, cercando di non lasciare tracce. In Francia invece hanno messo nel conto il sacrificio delle loro stesse vite.
Negli stessi giorni in cui Parigi piangeva i suoi morti senza distinzioni di fede, professione e colore, in Nigeria il gruppo armato Boko Haram ha fatto saltare in aria bambine imbottite di esplosivo dopo averle mandate in mezzo alla folla. Una pratica inaugurata nel 2011 dai talebani afgani.
La volontà del fondamentalismo di matrice islamista di usare l’orrore per ottenere l’attenzione dei media in tutto il mondo e terrorizzarlo non ha oramai più limiti: queste azioni sono la quintessenza del terrorismo.
In questi dieci anni il male che si pensava di debellare è invece cresciuto e si è diffuso prendendo in ostaggio intere regioni del Medio Oriente e dell’Africa, inquinando il risveglio democratico di intere nazioni (la Primavera Araba) e cercando di dividere i popoli aizzandoli verso guerre di religione.
I francesi e le loro istituzioni hanno però dato ai fondamentalisti una risposta inequivocabile, che ha chiuso le porte ad ogni loro velleità. Al sangue e alla morte hanno contrapposto con forza i valori dell’unità del Paese, della sua pluralità di idee e di pensiero, della laicità che rispetta e fa convivere fedi e tradizioni diverse: una grande lezione per tutti e specialmente per tutti gli europei e quindi anche per noi italiani e veneti.
I milioni di francesi scesi in piazza tutti insieme nella varietà dei “je suis” la loro identità plurale ci hanno riconfermato la assoluta attualità dei valori che sorreggono le nostre società.
Il centenario della Grande Guerra ci ricorda anche che per consolidare questi valori nella pace l’Europa ha dovuto attraversare due guerre che hanno coinvolto il mondo intero e sono costate 70 milioni di morti e l’abominio dei campi di sterminio. Abbiamo quindi nel nostro DNA di europei tutti gli anticorpi per non piegarci più all’orrore.
Noi italiani lo abbiamo dimostrato anche negli anni dolorosi e non lontani dello stragismo nero e del terrorismo rosso. Abbiamo anche le risorse per portare avanti con pazienza ed intelligenza la costruzione dell’unico, ma non naturale e tanto meno fatale, futuro che abbiamo davanti: quello di un’Europa, un’Italia ed un Veneto dove la convivenza sia la declinazione di democrazia, rispetto ed eguali diritti e doveri per tutti e le diversità siano opportunità di arricchimento e di meticciato.
Nella costruzione di questo unico futuro dobbiamo partire, o meglio, ripartire, da subito. Ognuno deve mettere la sua parte. Ai musulmani, ai loro rappresentanti più qualificati, chiediamo di non perdere occasione per ribadire l’estraneità e la contrarietà dell’Islam alla violenza e alla sopraffazione ridando pieno valore alla stessa radice del termine: “la pace in Dio”. Alla politica invece chiediamo di non speculare sulle paure per incassare pericolosi consensi ed effimeri risultati nei seggi.
Alle istituzioni e a chi governa il Paese di rivedere quell’insieme di norme confuse, inefficaci e inutilmente vessatorie con le quali si prenderebbe di gestire l’immigrazione da una parte e l’accoglienza dei profughi dall’altra.
Togliamo la terra da sotto i piedi del terrorismo fondamentalista ridando lustro, vigore e vita ai fondamenti della civiltà.
Portiamo tutti un unico cartello “je suis une personne civile”: io sono civile.

Franca Porto, segretaria Cisl Veneto
Venezia, Mestre 15 gennaio 2015

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