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                                                                                                                                                                                                                                                                   Vicenza, luglio 2021

“È vero, ci portiamo dentro proprio tutto, Dio e il cielo e l’inferno e la terra e la vita e la morte e i secoli, tanti secoli. Uno scenario, una rappresentazione mutevole delle circostanze esteriori. Ma abbiamo tutto in noi stessi e queste circostanze non possono mai essere così determinanti, perché esisteranno sempre delle circostanze buone e cattive- che dovranno essere accettate, il che non impedisce poi che uno si dedichi a migliorare quelle cattive. Però si deve sapere per quali motivi si lotta, e si deve cominciare da noi stessi, ogni giorno da capo.”

                                                                                                                                                                                                                                          Esther Hillesum, scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto

 

“…se è vero che ci portiamo dentro Dio e il cielo e l’inferno, la terra, la vita e la morte e la storia, per un’associazione come la CISL, che vuole non solo declamare delle idealità ma viverle, derivano delle priorità da aggiungere alla nostra tradizionale forma di tutela del lavoro e della persona, che tanti risultati ha dato ai lavoratori.

Una priorità è che dobbiamo riscoprire la dimensione pedagogica e culturale del sindacato: dobbiamo prima di tutto fare cultura fra i nostri iscritti, fra i lavoratori, nella comunità vicentina.”

                                                                                                                                                                                                                                         Beppe Benetti, già Segretario Cisl Vicenza

 

 

Cara iscritta, caro iscritto,

abbiamo scelto di aprire questa lettera con due citazioni che per motivi diversi ci fanno pensare a come abbiamo vissuto questo ultimo anno e tutti gli eventi che siamo stati costretti ad affrontare.

Le parole dalla scrittrice olandese Esther Hillesum ci fanno riflettere e ci pongono tanti interrogativi:

di fronte alle circostanze in cui ci siamo ritrovati siamo riusciti davvero ad essere resilienti? *allegato 1

abbiamo fatto tutto il possibile per proteggere le persone più fragili?

tutti gli interventi introdotti hanno tenuto conto delle necessità delle persone?

le istituzioni hanno tenuto conto dei bisogni degli anziani?

In questo periodo storico caratterizzato dalla pandemia, nei confronti degli anziani si sono purtroppo manifestati sentimenti e azioni contrastanti. Se da una parte siamo stati definiti come persone fragili da proteggere, dall’altra siamo stati vissuti come elementi non indispensabili al sistema, sacrificabili in nome dell’economia e della “libertà” di movimento. Abbiamo scoperto che questa forma di discriminazione ha un nome specifico: si chiama ageismo ed è appunto una forma di pregiudizio negativo verso una persona in ragione della sua età, in particolare verso gli anziani. In quest’ultimo anno abbiamo assistito a tentativi di discriminazione nei nostri confronti in molteplici ambiti, a partire da quello sanitario, quello economico, quello della comunicazione e delle relazioni sociali. È arrivato il momento di cambiare la prospettiva da cui vedere le cose e considerare l’anziano come valore e come una persona che, magari in modi diversi, può dare ancora tanto alla società.

Un altro elemento che è emerso nella stragrande maggioranza dei racconti degli anziani in questi mesi è stato quello della solitudine; la solitudine di chi è stato privato degli affetti delle persone care, di chi non ha potuto vedere i propri figli, nipoti, genitori, amici. La solitudine più dolorosa è stata quella delle persone malate, sofferenti, che in solitudine sono morte. La diffusione del Coronavirus ci ha riproposto un dilemma morale rispetto alla tutela della salute degli anziani, in particolare nelle RSA, ma anche in tutti i reparti degli ospedali. La privazione degli affetti, del supporto psicologico e l’interruzione dei contatti con l’esterno e quindi del rapporto con parenti e amici, ha tolto la possibilità agli ospiti ricoverati di vivere la vita. A tal proposito abbiamo deciso di inserire in questa lettera anche uno scritto di un signore di 85 anni che prima del Covid aveva deciso in autonomia di entrare in casa di riposo per avere della compagnia, ma che purtroppo ha dovuto ricredersi sulla sua decisione *allegato 2

 

Ormai sono passati molti mesi dalla fase emergenziale del 2020, sperando che il periodo più critico sia passato, ora abbiamo il dovere di intervenire con soluzioni che non siano solo il “male minore”, per limitare la solitudine e non perdere la tenerezza. Dobbiamo assumere tutti i provvedimenti utili su questo fronte, anche per limitare la paura di “finire in ospedale” e di essere allontanati per sempre dagli affetti più cari.

È un dovere morale affrontare questo problema e risulta pertanto necessario favorire il colloquio diretto fra parenti e ospiti nelle residenze sanitarie, predisponendo spazi idonei e sicuri, in cui la relazione visiva e vocale sia pienamente assicurata, dove si possa tornare ad abbracciarsi.

Nella lettera del 2020 scrivevamo che “…settant’anni fa, la Cisl di Pastore seppe indicare ad un Paese uscito a pezzi dal conflitto mondiale, la strada della rinascita civile e delle necessarie riforme economiche e sociali, ponendo al primo posto i diritti della persona, la dignità e la sicurezza del lavoro, l’inclusione sociale, la lotta alla povertà…”

Da questa situazione si può uscirne, ma serve una risposta collettiva per cambiare in meglio la nostra società. Oggi è il momento della coesione nazionale, della responsabilità e della solidarietà e come ha giustamente più volte sollecitato il nostro segretario Gigi Sbarra, c’è la necessità di un forte patto sociale nel quale noi pensionati possiamo ricoprire un ruolo attivo all’interno della società, un ruolo di riferimento che possa essere valore aggiunto proprio per questa società che non coglie tutte le nostre potenzialità.

Per noi il patto sociale passa in primo luogo verso il rafforzamento della contrattazione sociale, punto essenziale per la tutela degli anziani nel territorio. In questo periodo siamo riusciti a incontrare molte amministrazioni comunali e a chiudere dei protocolli importanti con i Comuni del vicentino, partendo dalla città di Vicenza, che ha visto la FNP protagonista. La concertazione e contrattazione sociale territoriale costituiscono un importante elemento di garanzia nei confronti delle fasce più deboli della popolazione.

Quest’anno è anche l’anno del congresso, noi della FNP vorremmo che fosse un importante momento di partecipazione e democrazia. Vorremmo coinvolgere tutti gli iscritti per creare un momento che ci permetta di riflettere sul nostro progetto territoriale che tocca tre importanti temi: il sociosanitario, la contrattazione sociale e il welfare territoriale”.

Come diceva Beppe Benetti nella seconda citazione che abbiamo scelto di inserire all’inizio della lettera, “..una priorità è che dobbiamo riscoprire la dimensione pedagogica e culturale del sindacato: dobbiamo prima di tutto fare cultura fra i nostri iscritti…”.

La crisi pandemica ci dà l’opportunità di cambiare paradigma, di creare un vero progetto che tuteli le persone, che le metta al centro del nostro fare quotidiano, specialmente per chi si trova in una situazione di fragilità sociale ed economica, garantendo ad esse tutela, diritti, dignità e cittadinanza. Ciò può garantire alle persone di essere all’interno di una comunità. Per fare questo la nostra opportunità è quella di incontrare le persone, incontrare i nostri iscritti, ascoltarli e parlare con loro, solo così un progetto potrà diventare valore per tutta l’Organizzazione.

A ottobre partiremo con una serie di assemblee cittadine in presenza, a cui sarai invitata/o a partecipare attraverso una lettera che ti invieremo. Potrebbe essere l’occasione per incontrarci, per raccogliere le tue considerazioni, come hai vissuto in questo periodo, i problemi che hai dovuto affrontare, come ne sei uscita/o e quali sono le tue preoccupazioni per il futuro.

Per Noi la Tua partecipazione è importante per la realizzazione del progetto. Confidiamo nella tua presenza.

 

La Segreteria FNP CISL Vicenza

Mario Siviero   –   Laura Moretto  –   Loredana Imoscopi

 

 

Allegato 1: Lettera del nipote ai nonni

Allegato 2: Lettera del nonno a figli e nipoti

 

 

Lettera del nipote ai nonni

Trieste, 30 aprile 2020

Cari Nonni,

Dalla mia finestra si scorgono condomini in ogni direzione, cemento, mattoni, tegole e pannelli solari. E con il cielo coperto di oggi, l’effetto è abbastanza triste. Ma in mezzo un piccolo fazzoletto di terra, saranno sei metri per sei, con un piccolo albero nell’angolo nord-orientale, un piccolo sentierino che porta a una casa bassa e una folta pianta rampicante che nasconde il grigio muro di cinta a sud. Ogni giorno vedo un uomo che vi trascorre diverse ore lavorando con cura. Non sono per nulla esperto nella cura delle piante e non saprei descrivere o commentare il suo lavoro; posso però dire che raramente ho visto dell’erba più verde, e che l’albero, nella sua semplicità, richiama alla mente un vecchio saggio che riposa all’ombra, trasmettendo un senso di sapiente tranquillità. Sarà il contrasto con il cemento intorno, sarà l’evidente amore che l’uomo mette nella cura del giardino, ma scorgerlo ogni giorno sembra quasi un piccolo miracolo inaspettato. È proprio vero, allora, che la bellezza si può trovare anche in mezzo al buio, il sollievo nelle difficoltà e la speranza nella tempesta. Dobbiamo solo riuscire ad aprire gli occhi, e a guardare con lo spirito giusto. Riuscire a sorprenderci della bellezza che comunque anche in maniera inaspettata e senza clamori ci circonda. Siamo (almeno io) di solito molto bravi a cogliere gli elementi di negatività, contrarietà e bruttezza che il nostro sguardo (ahimè) incontra, non altrettanto con gli scorci positivi. Sarebbe bello riuscire a metterli in primo piano. Forse questo periodo è un’occasione per allenarci.

Ciao, Paolo

 

Lettera del nonno a figli e nipoti

Da questo letto senza cuore scelgo di scrivervi, cari miei figli e nipoti. (Ho consegnato questa lettera di nascosto a Suor Chiara nella speranza che dopo la mia morte possiate leggerla).

Comprendo di non avere più tanti giorni, dal mio respiro sento che resta solo questa esile mano a stringere una penna ricevuta per grazia da una giovane donna che ha la tua età, Elisa mia cara. È l’unica persona che in questo ospizio mi ha regalato qualche sorriso ma da quando porta anche lei la mascherina riesco solo a intravedere un po’ di luce dai suoi occhi; uno sguardo diverso da quello delle altre assistenti che neanche ti salutano. Non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere su dispiacere sapendo quanto avete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella “prigione”. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così… manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno “come stai nonno?” Gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi quel mio finto dolore per spostare l’attenzione e far dimenticare tutto. In questi mesi mi è mancato l’odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme. Quanti “grazie” dovrei dire, un’infinità a mia moglie per avermi sopportato, a voi figli per avermi sempre perdonato, ai miei nipoti per il vostro amore incondizionato. Non è stata vostra madre a portarmi qui ma sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori per non dare fastidio a nessuno. Certo, non potevo mai immaginare di finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine, ci sono anche alcune persone educate ma poi di fatto noi siamo solo dei numeri, per me è stato come entrare già in una cella frigorifera. In questi mesi mi sono anche chiesto più volte: ma quelli perché hanno scelto questo lavoro se poi sono sempre nervosi, scorbutici e cattivi? Ma vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le RSA, le “prigioni” dorate e quindi, sì, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all’ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito e quindi anche pericoloso… L’altro giorno l’infermiera mi ha già preannunciato che se peggioro forse mi intuberanno o forse no. La mia dignità di uomo, di persona perbene e sempre gentile ed educata è stata già uccisa. Sai Michelina, la barba me la tagliavano solo quando sapevano che stavate arrivando e così il cambio. Ma non fate nulla vi prego… non cerco la giustizia terrena. Fate sapere però ai miei nipoti (e ai tanti figli e nipoti) che prima del coronavirus c’è un’altra cosa ancora più grave che uccide: l’assenza del più minimo rispetto per l’altro, l’incoscienza più totale. E noi, i vecchi, chiamati con un numeretto, quando non ci saremo più, continueremo da lassù a bussare dal cielo a quelle coscienze che ci hanno gravemente offeso affinché si risveglino, cambino rotta, prima che venga fatto a loro ciò che è stato fatto a noi.

Vostro Nonno

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