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 Caro Armando,

molto probabilmente non avresti voluto che qualcuno di noi ti ricordasse davanti a tutti.

E questo, per la naturale ritrosia e la grande discrezione con cui mascheravi i comportamenti più  intimi e personali che solo raramente e quasi per caso facevi emergere.

Ne sono testimonianza la fede nascosta che ti vedeva, anche per avere poi tutto il tempo per Beppe,  frequentare la prima messa alla domenica, la delicatezza con cui alle otto del mattino del giorno di Natale mi chiamavi per gli auguri, o il percorso silenzioso per raccogliere nei locali pubblici le cassette delle offerte per le missioni.

Tuttavia anche se abbiamo la consapevolezza di questo tuo modo di essere, ci siamo presi la libertà di esternare alcuni pensieri perché non vada dimenticata la ricchezza della tua persona e i meriti che hai avuto e che vanno oltre l’affabilità e la disponibilità a stare con gli altri in modo semplice e discreto.

I tuoi cari nell’annunciare la tua scomparsa hanno voluto aggiungere al tuo nome la qualifica: sindacalista Cisl. Ed è giusto che lo abbiano fatto perché per quarant’anni sei stato per Lonigo e per gran parte del basso vicentino il sindacato. E noi che ti abbiamo conosciuto, possiamo aggiungere un sindacalista di valore.

Avevi una grande competenza. Conoscevi come pochi i contratti e non solo quello dei tessili. Nel basso vicentino avevi seguito a partire dall’inizio degli anni sessanta tutti i settori dall’agricoltura, al commercio, al meccanico. E non ti mancava una conoscenza delle norme legali e previdenziali che ti permettevano di interloquire e rispondere ai lavoratori e di scegliere gli  strumenti più adeguati per tutelarli.

La sintesi di queste tue competenze era la capacità di contrattare, chi ti ha conosciuto ricorda la tua sorprendente capacità di fare i conti spesso anche solo a memoria. Andavi al centro dei problemi. Chi ha letto i tuoi contratti non trovava la forma ma la sostanza sì, e tanta.

Come sindacalista sei cresciuto negli anni 60 e 70: gli anni della crescita e dello sviluppo (chi non ricorda quando aziende lombarde e brianzole vennero ad installarsi a Lonigo e dintorni), gli anni delle conquiste e dei successi. Poi la musica è cambiata: le crisi, la grande inflazione, lo sviluppo tecnologico, la delocalizzazione, l’immigrazione. Hai fatto fatica, hai sofferto la situazione, ma non ti sei arroccato, hai sempre cercato di capire.

Ho ancora presenti i quaderni sgualciti sui quali prendevi appunti e cercavi di fissare i concetti quando facevamo le riunioni.

E’ stato il modo di incarnare il tuo spirito laico, le tue precise e mai nascoste posizioni politiche, senza mai cadere nel dogmatismo.

Chi ti conosceva, conosceva queste tue doti. Non è un caso se quando ho cominciato a fare il sindacalista, Beppe Benetti ha voluto che venissi con te per imparare e con altri è stato lo stesso.

Ma chi ti ha incontrato deve dare testimonianza della tua umanità, della tua attenzione alle persone che si manifestava con forme tue, tipiche, originali.

Il primo giorno che sono stato con te, era il tempo della vertenza Schiannini, hai voluto che andassimo a trovare alcune lavoratrici perché avevi paura che si fossero dimenticate di fare una domanda. Conoscevi i lavoratori per nome, non erano un numero.

E chi può dimenticare la tua attenzioni per gli immigrati ( gli chiamavi “i moretti” ), ti davi da fare per trovare loro un lavoro, tanto che casa tua era diventata un punto di riferimento.

Non posso dimenticare l’attenzione che hai sempre avuto per la tua famiglia, per Beppe in particolare. Quando andavamo a mangiare e trovavi qualcosa di buono il tuo primo pensiero era quello di portarne a casa una porzione. Una famiglia accogliente e generosa: quando venivamo a casa tua non uscivamo mai senza un pensierino che spesso era un cartoccio di mandorle tostate.

Un’attenzione per le persone che non è mai venuta meno: quando due settimane fa sono venuto a trovarti e la tua stanchezza e sofferenza erano grandi, non ti sei dimenticato fra le poche parole che ci siamo scambiati, di chiedermi come stavano “i bocia”, come chiamavi i miei figli.

Un’attenzione alle persone che ti ha provocato scrupoli, sensi di colpa, preoccupazione di non aver fatto tutto il possibile, un dolore frutto della sensibilità.

Ti voglio ricordare per un’ultima cosa. Come sindacalista seguivi un territorio vastissimo. Lo hai fatto con costanza e senza macchina, usando i mezzi pubblici, coinvolgendo gli altri a partire dai tuoi familiari, intrecciando relazioni. Anche con l’essenzialità si può fare molto.

La tua è stata una vita semplice, poco appariscente, ma che ci lascia molto.

Grazie Armando, ci hai dato più di quanto noi abbiamo saputo dare a te. Ciao

Sergio Spiller

 

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